venerdì 8 febbraio 2013

La cicala, invece

Chiedo scusa alla favola antica,
se non mi piace l'avara formica.
Io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende, regala.
Gianni Rodari, Alla formica (Filastrocche in cielo e in terra, 1960)

Tra le pubblicazioni Topipittori esposte al salone della piccola e media editoria Più libri più liberi 2012 ho scorto un piccolo libro dalla copertina vivace. Su uno sfondo quasi amaranto, una scritta verde acqua intenso: una festa per gli occhi, stanchi del tono nebbioso o sbiadito di troppi altri testi su molti stand. Cicale mi ha colpita così, come una brezza fresca, una musica allegra. Dunque ho deciso di conoscere Marta Iorio, e mi sembra di averla conosciuta davvero, nella spontantità dei suoi dipinti e l'intimità dei suoi racconti, perché ha raccolto in una valigia piccola piccola i suoi ricordi e ha fatto di un tascabile il più bello dei bagagli: si chiama infatti proprio Gli anni in tasca (come il film attraverso cui Francois Truffaut ha raccontato la sua infanzia) la collana con cui i Topipittori propongono con audacia una narrazione diversa, di un passato che arricchisca il presente, ma con spontaneità. Gli anni in tasca avvicina i bambini di ieri (vicino o lontano) e i bambini di oggi, e soprattutto invita a portare il dono dell'infanzia sempre con sé. Così mentre Marta racconta per immagini delle sue corse scalmanate in bicicletta, del vicinato rumoroso, ricordo i giochi sul balcone, sotto il campanile superbo del mio piccolo paese. Quando racconta il terremoto dell'Irpinia, provo anch'io a pensare il terremoto come il vortice di un caleidoscopio. Ora siamo sulla stessa linea d'onda, sulle note di Tchaicovskij... Marta si muove nel valzer dei fiori, il suo cammino esistenziale è una danza, un'avventura nella foresta(moquette), una chiacchierata con dei cipressi carismatici, le esperienze con una zia bizzarra, i lunghi pomeriggi trascorsi a guardare la mamma truccarsi, il trasloco dai tropici napoletani al rigore svedese. L'esperienza di Marta "più nomade che stanziale" non è come la mia, ma i dettagli la rendono affatto diversa. Particolari, è tutto lì. La consuetudine è fatta di piccole cose, è rassicurante anche se sembra inconsueta. La variazione che si ripete è una struttura, come un frattale, come un broccolo o un rizoma. Marta non è senza radici, perché nessuno di noi lo è. Le sue radici ci sono. Ma si diramano lontano, come un rivolo d'acqua che corre dispettoso, che non può essere arrestato, spaziano e comprendono tanto terreno, e anche Marta prova quel senso di appartenenza che le fa riconoscere la sua forma, lo prova quando cantano le cicale, perché quel canto dilaga nel sole proprio come lei, come i suoi colori. In fondo, anche la libertà è una forma di struttura.

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